ScopriAMO il Repubblica Democratica del Congo: Storia, Lingua e Cultura
Contesto Storico
L’area ora conosciuta come la Repubblica democratica del Congo è stata popolata fin da 80.000 anni fa, nei suoi territori sono presenti alcuni dei primi insediamenti umani della storia. Nelle terre del Congo viveva una moltitudine di differenti popolazioni di cacciatori-raccoglitori. Storia del Congo significa anche storia dell’espansione delle popolazioni Bantu, resa possibile dall’avvento dell’età del ferro. Le popolazioni Bantu impongono la propria egemonia sui territori attraverso il grande sviluppo economico portato da innovazioni di agricoltura e zootecnica. Le popolazioni di cacciatori-raccoglitori sono costrette a migrare verso sud-est. Lo sviluppo economico bantu ha il suo apice nella creazione di una rete commerciale locale che unisce tutte le differenti zone del Congo portando ad un importante aumento demografico. Il Congo è il paese dell’Africa in cui cresce maggiormente il caucciù, la pianta della gomma. Questa abbondanza rappresenta una delle cause che ha portato allo sfruttamento cieco e brutale di questo paese durante il periodo coloniale. Quello che il Congo ha passato sotto il dominio del Belgio di Leopoldo II è considerato uno dei casi storici più cruenti dell’età coloniale.
Lingua
Nella R.D. Congo convivono più di 300 gruppi etnici, ognuno dei quali ha mantenuto la propria lingua e le proprie tradizioni. Nella Regione di Grandi Laghi, ad esempio, troviamo Bashi, Banande, Batembo, Barega, Balendu, Banyarwanda, … (il prefisso “ba” significa “molti”; mentre, per parlare al singolare si utilizza “mu”. Se vi sentite chiamati “mundele”, niente panico, significa “uomo bianco”).
La lingua ufficiale è il francese, impiegata come lingua di comunicazione tra i differenti gruppi etnici.
Altre 4 lingue hanno ottenuto lo status di lingue nazionali, e sono Lingala (Kinshasa), Swaili (Province Est e Katanga), Tshiluba (Kasai Occidentale e Orientale) e Kikongo (Basso Congo e altre provincie occidentali).
Inoltre, numerosi sono i dialetti (250), derivanti dall’etnia Bantu, la più presente sul territorio Paese.
Cucina
Come per la maggior parte dei paesi dell’Africa centro occidentale, la R.D. Congo offre una cucina che risente delle influenze straniere, in questo caso prevalentemente francese. La cucina congolese offre un mix molto gustoso e particolare, in quanto i prodotti tipici del luogo, vista la grande abbondanza di animali e frutta, permettono di creare molti piatti di diversi sapori e colori.
Ricca di immense risorse naturali, la R.D. Congo produce, per le esportazioni: cacao, caffè, cotone, olio di palma e zucchero; mentre per il consumo interno troviamo manioca (da cui si ricava la chikwanga, cucinata e conservata nelle foglie di banano; e dalle cui foglie bollite si ottiene una purea, sombe o mpondu) , banane, patate dolci, igname, taro, platano, piselli, zucca, arachidi, legumi e cereali (riso, mais e miglio).
I piatti della tradizione consistono per lo più in stufati di carne e verdure, accompagnati da una sorta di purè cucinato con farine diverse (le più usate sono quelle di manioca – cassava – e mais – fufu o ugali). Una volta cotta, la purea viene appallottolata e successivamente intinta negli stufati. Quella cucinata con il platano viene cotta, appallottolata e poi arrostita. Un contorno alternativo al purè consiste in riso, spesso mescolato con fagioli. Questi ultimi sono chiamati Mbewngi (i fagioli dall’ occhio nero) e con i quali si prepara il madesu (lo stufato di fagioli) e il pondu ya madesu (foglie di manioca con fagioli).
Tra i piatti della tradizione troviamo: loso na madesu (riso con fagioli), soso (riso e pollo), , loso ya bulayi (la versione congolese del riso jollof),
Altri tipi di contorni sono i vegetali: foglie di manioca, tshitekutaku (simile agli spinaci) e gombo.
La carne più diffusa è quella di capra, dato anche il basso costo rispetto ad altri tipi di carne. Il pesce è abbastanza comune e si tratta soprattutto di quello che viene pescato dai laghi del bacino del fiume Congo. Il pesce può essere bollito, cotto o fritto; oltre che affumicato e salato per conservarlo più a lungo. Nei marcati sono diffusissimi gli involtini di pesce pepato e cotto avvolto in foglie di banano.
Una parte rilevante del cibo deriva dalle pratiche di caccia e raccolta: oltre ai già citati prodotti, si trovano anche frutta selvatica, funghi (tipici nella cultura dei Luba) e miele.
Tra i piatti a base di carne vi sono: mwamba, a base di pollo cotto in una salsa agli arachidi; Ntaba o Ngulu yako tumba, carne di capra o maiale grigliata; liboke ya ngulu, una zuppa di maiale cotto al vapore in foglie di banano; e maboké, pollo con semi di zucca (cotto anch’esso in foglie di banano) e contorno di patate dolci o manioca o platano fritto. Tra i piatti di pesce citiamo il “tre pezzi” (“trois pièces à la morue”): merluzzo salato, fumbwa (sorta di spinacio selvatico, chiamato anche koko) e salsa di arachidi; Makayabu (pesce salato); liboke ya mbisi, zuppa di pepe e pescegatto cotto al vapore in foglie di banano; e i ndakala, piccoli pesci essiccati.
Le salse che si usano per accompagnare i vari piatti sono a base di pomodoro, cipolla e erbe aromatiche locali; tra queste citiamo la salsa moambe, ricavata dal pericarpo (non dai semi) delle noci di palma (il frutto di questa pianta). Comunemente, si aggiungono poi olii vegetali, sale, pepe verde e peperoncino (il piri-piri o cd. “diavolo africano” coltivato nelle piantagioni fuori dalla capitale).
Dalla cassava si ricava anche un tipo di pane fermentato prodotto anche a livello industriale, chiamato kwanga.
Nella tradizione culinaria congolese non possono poi mancare piatti a base di insetti commestibili: cavallette (chiamate makelele), alcuni tipi di bruchi e il “vermone africano” (cresce nei tronchi delle palme da cocco), ricchissimo di proteine e molto costoso. Quest’ultimo, venduto nei mercati di Brazzaville, dapprima è bianco poi, una volta cotto diventa di colore nero. Solitamente viene affumicato e servito insieme ai peperoni.
La maggior parte dei dolci sono a base di frutta: banane, cocco e goyaba. Non mancano però dolci di farina di grano fritti (come le palline di pasta fritte, chiamate “mikate”). Tra i dolci citiamo anche i budini cotti al vapore nelle foglie di banano, liboke Ya mbika. Nelle isole, durante le feste tradizionali (in particolar modo matrimoni) si preparano torte banana, cocco e ananas.
Tipici del Paese (in particolare nella zona Kinshasa) sono i nganda, un incrocio fra bar e ristorante, in cui viene proposto uno specifico piatto, che varia a seconda delle zone (involtini di pesce avvolti in foglie di platano, pesce in salsa con contorno di kwanga o carne di capra con riso e verdure). Spesso viene offerto anche del pane di tipo occidentale.
La bevanda più diffusa è la birra.
Ricetta del pollo alla congolese
Ingredienti (per 4 persone):
- 1 pollo sufficientemente grande già diviso in parti
- 400 g di spinaci surgelati e scongelati oppure freschi e cotti
- 2 cipolle bionde sminuzzate
- 1 cucchiaio di burro di noccioline
- 1 cucchiaio rado di concentrato di pomodoro
- 1 peperoncino fresco sminuzzato (oppure peperoncino in polvere)
- 1 l di brodo di pollo
- Sale q.b.
- Noce di cocco grattugiata
- Banane
- Olio di semi di arachidi o di palma
Procedimento:
- Far sudare la cipolla in un tegame con l’olio di semi di arachidi o di palma;
- Aggiungere il pollo e farlo rosolare bene;
- Una volta rosolato, aggiungere gli spinaci, il burro di noccioline e il concentrato di pomodoro;
- Aggiungere il peperoncino e il sale, coprire con il brodo e portare a cottura a fuoco medio;
- Una volta che il pollo e gli spinaci sono ben cotti, servire caldo e accompagnato da riso bianco;
- Nel piatto accompagnare il pollo con delle fettine di banane e una spolverata di noce di cocco grattugiato.
Se si vuole seguire la ricetta originale il piatto deve essere decisamente piccante.
Per chi volesse mettersi alla prova con altre ricette provenienti dalla R.D. Congo, suggeriamo di visitare il seguente sito https://www.buonissimo.it/ricettario/stato/47_Congo/
Abbigliamento
Gli abiti tradizionali venivano realizzati in rafia. Si tratta di una fibra resistente e grossolana, impiegata in sostituzione dello juta nelle industrie di cordami e per realizzare cestini, stuoie e borse. Si ricava da una varietà di palme (Raphia) tipiche dell’Africa tropicale, le quali si caratterizzano per grossi stipiti, lunghe fronde pennate e grandi frutti a forma ellittica. Per la realizzazione degli abiti venivano utilizzati anche sottili fogli ottenuti dalle cortecce di alcuni alberi.
Oggi questo genere di vestiti viene indossato solo in determinate circostanze cerimoniali e/o rituali.
Dall’epoca coloniale in poi, la moda si è ispirata al modello occidentale; soprattutto per quanto riguarda la moda maschile e quella giovanile. Solo durante il regime di Mobutu gli abiti occidentali vennero proibiti e sostituiti dall’obbligo di indossare l’abacost, una divisa simile alle giacche maoiste cinesi.
A metà del secolo scorso si diffuse molto, in particolar modo a Kinshasa, la moda dei cd. “bills”: questa si ispirava all’abbigliamento di cow-boy presenti nei film western americani. Ancora oggi resta molto in auge.
In tempi moderni, tra i giovani è divenuto popolare seguire la moda adottata dai musicisti, sia locali (ispirandosi ai look delle star del soukous) sia internazionali (ad esempio i rapper statunitensi).
Ancora oggi, nella creazione degli abiti, vengono utilizzati i coloratissimi tessuti stampati, chiamati “pagne”. E’ usanza poi dare un nome a ciascuna stampa, la quale viene progettata e messa in commercio per scopi speciali e/o per celebrare eventi di grande importanza: tornei di calcio, visite di un capo di Stato straniero, incontri di vertice e molti altri.
Soukous
Caratteristica della musica della R.D. Congo è quella di aver dato vita ad un proprio genere musicale, soukous (rumba africana o congolese – anche chiamata lingala o congo), nato dall’unione delle musiche etniche locali con la rumba cubana e caraibica.
Si pensa che il nome derivi dal termine francese “secouer”, ovvero “agitarsi”. All’inizio degli anni sessanta, soukous era inizialmente il nome attribuito a un ballo congolese.
Questo genere musicale si è sviluppato intorno agli anni trenta del novecento nel Congo Belga e in quello Francese, per poi diffondersi in tutta l’Africa.
Durante tutto il secolo scorso lo stile ha subito cambiamenti e innovazioni importanti. Derivando in parte dalla rumba cubana e caraibica e nascendo come una musica da ballo che andava suonata dal vivo, il soukous presenta dei ritmi predominanti e dei tratti nuovi che non si trovano in altri generi: si caratterizza infatti per i suoi testi lunghi e strutturati.
Oggi, una canzone soukous prevede una parte relativamente lenta, chiamata “rumba”, seguita da un’altra dal ritmo veloce e ballabile, detta “sebene”.
Molti generi musicali africani moderni hanno in qualche modo subito l’influenza del soukous. Esistono evidenti legami tra soukous e pop swahili, pop congolese, muziki wa dansi tanzaniano, benga keniota e molti altri.
Infine, tra gli artisti più conosciuti del genere, citiamo Awilo Longomba e Aurlus Mabele; ma anche Koffi Olomide e i gruppi Extra Musica e Wenge Musica.
Arte
L’arte congolese comprende un’area molto estesa: Congo (sia ciò che un tempo era definito come Leopoldville sia Brazzaville), Gabon, parte meridionale del Camerun e quella settentrionale dell’Angola.
La R.D. Congo è famosa per le sue antiche sculture e maschere, oggi visibili nei musei di tutto il mondo. Sono numerosi gli stili che hanno reso il Paese un centro ricco d’arte e che hanno influenzato l’arte moderna e il cubismo.
Principali prodotti artigianali congolesi consistono non solo nelle sopracitate maschere ma anche in ceramiche, cestini, tessuti (rafia, già nominata) e intagli di legno. Quest’ultimo è poi uno dei materiali più utilizzati per la realizzazione dei suddetti prodotti. Tra gli altri vi sono l’avorio, l’osso, la fibra vegetale, il metallo e la pietra. Per decorare invece si usano perline, pelli animali, piume, colori vegetali e tanti altri.
L’arte congolese presenta alcune caratteristiche fondamentali: preferenza per la rappresentazione della figura umana (coincidente con il culto degli dei e degli eroi); mancanza delle reali dimensioni umane (mettevano in risalto alcuni elementi anatomici, la testa, ritenuti maggiormente significativi); simmetria e frontalità; enfatizzazione della staticità; assenza di policromia nelle statue; prevalenza di figure isolate e regole diverse ed autonome per le maschere (nate per le danze e il movimento).
Esistono più di cinquanta stili (che portano il nome della tribù cui sono legati) di scultura dell’arte congolese, a seconda dei vari popoli residenti in determinate zone. Tra queste ricordiamo:
- Fang: conservavano i teschi degli antenati in scatole cilindriche sulle quali poi realizzavano particolari sculture dal nome Bjeri. La funzione di tale usanza resta ancora del tutto incerta: si pensa che potesse servire da guardiano delle ossa; oppure per rappresentare l’antenato o ancora per proteggere lo spirito del morto. Le sculture, che emanavano forza e dignità grazie alla presenza della patina nera, della superficie curva e levigata, della capigliatura (delineante la forma della testa), del viso allungato e delle notevoli dimensioni, influenzarono molto i pittori fauves parigini.
- Balumbo: famosi per le maschere di danza che raffiguravano lo spirito del defunto. Queste maschere presentavano alcune caratteristiche particolari, come gli occhi a mandorla, le labbra rosse, i capelli neri e il viso bianco (il tutto donava loro un aspetto orientaleggiante).
- Ba Teké: conosciuti per le sculture dei loro feticci, aventi poteri magici. Le maschere di danza, invece, si caratterizzavano per la forma geometrica decorata con temi policromi.
- Ba Kongo: realizzavano per lo più sculture di personaggi seduti in contemplazione, di figure simboleggianti l’aspetto spirituale della maternità, di antenati ricchi, di feticci decorati con chiodi e lame, di tatuaggi e di altri ornamenti.
- Ba Kuba: realizzavano arte di corte per la commemorazione di personaggi realmente vissuti. Ad esempio il sovrano veniva scolpito seduto su di un trono (come simbolo di una sua azione importante) con il capo enorme sul quale poggiava il copricapo regale. Inoltre furono eccellenti creatori di coppe a forma di testa umana per il vino e l’olio di palma. Infine sono conosciuti anche per aver dato forma a maschere di danza di impronta cubista.
- Ba Luba: le loro sculture si caratterizzavano per la rotondità delle forme, la prevalenza di figure femminili e una forte cura per i dettagli, i tatuaggi e le acconciature.
Anche nel campo della pittura gli artisti congolesi eccellono: i principali pittori sono Chéri Samba, Maludi Solo e Mongita Lokele.
Infine è importante ricordare che anche Picasso entrò a contatto con l’arte africana intorno al 1905. Questa nuova forma d’arte lo interessò molto, poiché diversa da tutto il resto. In particolare restò affascinato dalle maschere africane, tanto che iniziò a introdurle dapprima negli schizzi e successivamente direttamente in alcune sue opere: nel “Les Demoiselles d’Avignon” la donna in basso a destra indossa una maschera basata su quella di Mbuya (malattia), creata da Pende della R.D. Congo (come poi affermato dagli esperti d’arte). Come si osserva, Picasso mantenne e riprodusse fedelmente le distorsioni facciali e le espressioni, tipiche del quadro dell’artista e della maschera Mbuya.
UNESCO
La R.D. Congo possiede ben 5 siti patrimonio dell’Unesco, tutti parchi nazionali, che conservano un ricchissimo patrimonio di flora e fauna (uno dei più grandi sul pianeta): piante da gomma, palme da cocco, banani, numerose piante dal legno pregiato (tra cui mogano ed ebano), varie specie di fiori (rose, ibiscus e orchidee), leoni, gorilla di montagna, elefanti, giraffe, bonobo, rinoceronti, ippopotami, gorilla, scimpanzé e diverse specie di uccelli (pavoni congolesi e uccelli migratori).
- Parco Nazionale Garamba (1980)
Il parco è famoso per il programma di addomesticamento degli elefanti africani iniziato negli anni 1960, che tenta di permettere ai turisti di cavalcare questi pachidermi. - Parco Nazionale Kahuzi-Biega (1980)
Il parco prende il nome dai due vulcani estinti presenti nell’area del parco: il Kahuzi (3 308 m s.l.m.) ed il Biéga (2 790 m s.l.m.). Il Kahuzi rappresenta la cima più alta di questa parte della regione del Kivu.
- Riserva Naturale Okapi (1996)
Il parco è dedicato agli okapi, animale simile alla zebra ma imparentato con la giraffa
- Parco Nazionale Salonga (1984)
Il parco è famoso per animali come i bonobi, le scimmie di Salonga, i pavoni rossi dello Zaire, gli elefanti della foresta ed i coccodrilli africani.
- Parco Nazionale Virunga (1979)
Il parco è famoso in quanto ospita i gorilla di montagna, nonostante il bracconaggio e la guerra civile del Congo ne abbiano messo in pericolo l’esistenza. Il parco è gestito dall’Institut Congolais pour la Conservation de la Nature (ICCN).
Altre bellezze da scoprire
Ai cinque Parchi Nazionali patrimonio Unesco della R.D. Congo, se ne aggiungono altri quattro:
- Upemba con la Depressione di Kamalondo, una grande area paludosa composta da una cinquantina di laghi, tra cui Upemba e Kisale;
- Maiko,
- Kundelungu, dove è possibile visitare le cascate di Lofoi (anche chiamate Chutes Kaloba o Chutes Lofoi) alte 340 m, tra le più grandi cascate dell’Africa Centrale
- il Parco Nazionale marino delle mangrovie.
Tra gli altri luoghi da vedere suggeriamo le grotte di Dimba, Ngovo, Pitanshi e Matupi (all’interno della foresta Ituri); il vulcano Bisoke (o Visoke) al confine con il Ruanda e all’interno del Parco Nazionale Virunga (il vulcano appartiene proprio alla catena montuosa del Virunga); la foresta pluviale dell’Ituri (all’interno della Riserva faunistica degli Okapi), una foresta equatoriale nel bacino idrografico del fiume Ituri che ospita i pigmei Mbuti, uno dei numerosi popoli di cacciatori-raccoglitori presente nel territorio del Paese; e non si può non citare la capitale Kinshasa, terza area metropolitana più popolosa dell’Africa (dopo Il Cairo e Lagos).
Altre località da visita sono Kinkole, dove è presente un particolarissimo mercato del pesce; Goma, danneggiata dall’eruzione del monte Nyiragongo e Kisanto, dove è presente un giardino botanico tra i migliori del Continente.
Introduzione storica a cura di Francesco Scannavini
Articolo di Caterina D’Onofrio e Marta Previtali
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